La musica nel documentario d'arte

IDENTIFICAZIONE

Tipologia
materiale a stampa
Tipologia specifica
spoglio
Segnatura precedente
FM-2016-387

INFO PUBBLICAZIONE

Contenuto in (periodico)
Numero/Annata
XI, n. 8-9, agosto-settembre 1950
Pagina
111-116
Luogo di pubblicazione
Roma
Editore
Edizioni dell'Ateneo

RESPONSABILITÀ

autore

CONTENUTO

Abstract
Vlad è stato incaricato di scrivere ex novo le musiche per i cortometraggi di Luciano Emmer (che sono dei documentari d'arte molto 'creativi'). Emmer - giustamente secondo Vlad - per documentari su artisti del '300, del '400, del '500, aveva scelto musiche non di quei periodi storici, bensì del '900 (ad esempio, un brano di Prokofiev). In sintonia col pensiero di Emmer, Vlad sostiene che in effetti, nella musica antica (ma così è pure per quella del '700 e dell'800) non si possono rinvenire le atmosfere 'potenti' di un Bosch. Bisogna ricorrere alla musica lacerata del '900 per raggiungere quella drammatica e violenta intensità. Così è possibile che una musica scritta per un documentario d'arte venga meglio di una musica da film. Abbinare alle immagini naturalistici rumori e il parlato di uno speaker sarebbe secondo Vlad un grave errore estetico. Vlad inoltre fa notare come la musica "invecchi presto" rispetto all'arte figurativa. Lo scorrere del tempo muta il tipo di recezione: le terze hanno per noi un significato ben diverso che per l'uomo del '400; le dissonanze suonano per noi oggi come più 'accettabili' che per un uomo del '700. Non è possibile ricostituire la verginità del nostro orecchio.

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